La nostra sede si trova all'interno di un villaggio Paleoveneto, datato tra la prima età del Ferro e la fine dell'eta del Bronzo. Sono stati fatti ritrovamenti archeologici molto importanti, esposti al museo di Legnago. I Paleoveneti erano un popolo molto spirituale, nel nostro villaggio sono state trovate tracce del culto di Orfeo, forse il primo sciamano dell'età Classica. Inoltre successivamente i Veneti sono stati inglobati nella cultura Celtica, prima di essere definitamente assimilati dai Romani.

La foto dei contorni del villaggio da Google Map.

Il nostro Centro per lo Sciamanesimo ha anche lo scopo di ricostruire la storia delle nostre terre ricavando informazioni dalla 'realtà non ordinaria'.

Facendo dei viaggi sciamanici è stato possibile riconnettersi con le tradizioni spirituali praticate dagli abitanti del luogo di due-tremila anni fa. 

I risultati di questi viaggi fatti dai nostri studenti vengono regolarmente raccolti e classificati.

Ecco alcuni estratti: 

14.06.2007

Viaggio alla fonte del villaggio

Mi è apparsa una fanciulla alta, sopra l’acqua, che portava un vaso. Era la ninfa della sorgente. Mi dice che è un po’ dispiaciuta che nessuno più attinge a quella fonte. Non è da molti anni, secoli, che questo avviene. C’era una donna nel villaggio che doveva garantire la pulizia della fonte, una volta l’acqua zampillava molto più da sotto terra. Bastava solo proteggere l’acqua dallo sporco che poteva arrivare dall’esterno. C’era come un cerchio di rami, molto sottile, che garantiva non ci fossero infiltrazioni esterne. Loro usavano anche l’acqua piovana, ma spesso attingevano dalla fonte, quando quella pluviale non era più buona.

Mi ha mostrato com’era il villaggio e mi ha invitato a fare un giro. Sono partito con il sonaglio. Ho visto che le costruzioni erano concentriche, dal diametro più esterno fino al centro. Il villaggio era governato dalle persone più anziane che vivevano sempre più verso il centro. Al centro gli anziani stavano più vicini, anche se erano di famiglie diverse, e lì dipanavano i problemi e si accordavano per la conduzione familiare della comunità. I più giovani erano alla periferia, perché erano più in contatto con il mondo esterno, uscivano per andare a caccia. 

Questo era un villaggio prevalentemente di cacciatori. Caccia e pesca erano le loro principali fonti di alimentazione. Non avevano degli orari prefissati per il pranzo e la cena. Il cibo era portato alle persone più anziane, verso il centro del villaggio, che provvedevano alla cottura o preparazione e poi lo distribuivano ai propri elementi, secondo le necessità. Come ha già visto in un viaggio precedente, c’era una donna dedita al calderone, dove produceva i vari rimedi e cure con le erbe ed altro, usa anche molti componenti di animali, soprattutto insetti ed altri piccoli esseri.

La vita nel villaggio era condotta da un uomo e una donna più anziani, insieme a tutti gli altri anziani. Non c’erano altre gerarchie. Al villaggio c’era un luogo di culto o di celebrazioni a cui confluivano anche altre persone, provenienti da fuori. Attraverso queste celebrazioni avvenivano interscambi con altri villaggi e comunità. Le unioni erano prevalentemente all’interno del villaggio, tra clan differenti.

In questo villaggio si celebrava particolarmente l’autunno, pieno di raccolto e sapori.

Tra i giovani e gli anziani c’era collaborazione e reciproco rispetto. I giovani sapevano di avere bisogno dell’esperienza delle persone più anziane, perché la conoscenza era prevalentemente orale, e chi aveva trascorso più stagioni sulla terra, per forza di cosa sapeva di più.  I giovani sapevano che con la saggezza e l’equilibrio degli anziani, l’armonia dentro e fuori dal villaggio era garantita.

Gli anziani, sentendosi apprezzati, avevano piena fiducia nelle capacità di cacciatori e costruttori dei più giovani, sapevano che la sussistenza del villaggio dipendeva dai più giovani che, sebbene fossero nella loro migliore forma fisica, sapevano che potevano osare, sperimentare cose nuove per arricchire le loro capacità e potersi costruire un prezioso bagaglio di conoscenze.

Anche tremila anni fa erano tempi di cambiamento, anzi, questa era l’unica certezza di quelle popolazioni. C’erano persone nuove che si conoscevano, c’erano i primi cambiamenti territoriali dovuti alla presenza degli uomini, e c’era la normale instabilità della terra, per cui le stagioni non si ripetevano mai nello stesso modo. L’acqua era la maggiore fonte di cambiamento, con le variazioni dei percorsi dei fiumi, con la vegetazione che veniva alterata di continuo dai cambiamenti climatici.

Dentro il villaggio c’erano querce secolari che garantivano riparo per la pioggia e per il sole, c’erano alberi da frutto per ogni stagione, mele soprattutto, di tutti i generi. La mela era un frutto adorato da queste popolazioni, cresceva abbondante e integrava perfettamente l’alimentazione carnivora.

 

6.3.2007

Che cosa facevano gli antenati per onorare l’equinozio di primavera?

Mi è apparsa una donna, un po’ anziana davanti ad una grande pentola. Stava facendo delle erbe nell’acqua, come per preparare delle pozioni magiche. Il periodo dell’equinozio di primavera è il periodo delle piante e delle donne. In questo mese assumono il ruolo importante per preparare la propria comunità alle stagioni calde e per uscire dignitosamente dalla stagione fredda. Nel calderone metteva piante e radici appena raccolte, questo è anche il periodo dei fiori che hanno più potere. C’è una certa ritualità nel calderone ed anche un bisogno di cura e di sostentamento dopo i mesi freddi. Mayr è il nome della donna, e mi dice che non c’è caccia in questa stagione, si raccolgono solo le uova, come nutrimento. Le donne hanno i loro compiti strategici, che grazie all’intuito riescono a svolgere. Sanno quali erbe raccogliere, quali fiori hanno il maggior potere, alcune volte il calderone ha un leggero potere inebriante, ma soprattutto per preparare le donne e gli uomini alla fertilità. Mi ha mostrato il tarassaco, che conosciamo come adesso, ed un altro fiore a campanula piccola e bianca.

Per il resto non ci sono altri fiori che conosciamo noi adesso.

All’inizio mi sentivo un po’ estraneo in questo villaggio, come uno straniero che non poteva capire niente o quasi della vita che succedere. Perché proviene da troppo lontano. Solo dopo un po’ Mayr ha voluto condividere con me questi piccoli squarci di conoscenza. E’ la stagione della donna perché è anche la stagione della terra, che comincia a dare sostegno e aiuto attraverso le creature vegetali che fa crescere. Gli uomini in questo periodo sono più impegnati nelle costruzioni, capanne, canali…

 

Rito del Solstizio d’inverno

Mi trovo al centro del villaggio e vedo che tutti gli abitanti sono riuniti in quel luogo e circondano la loro Sciamana. Ognuno di loro ha in mano un pezzo di legno che viene depositato al centro del cerchio per formare una catasta. Quando tutti hanno riposto il loro pezzo di legno la Sciamana si avvicina ed accende il fuoco.  Poi intona una litania chiedendo al fuoco di portare le sue parole verso il cielo. Prende una ciotola piena d’acqua, ne getta alcune gocce nel fuoco e con quella restante bagna la fronte di tutti i presenti. Con l’acqua rimasta benedice tutti i bambini del villaggio, seduti davanti a tutti in braccio ai genitori, e li affida al Fuoco, all’Acqua, all’Aria e alla Terra perché li proteggano durante il rigido inverno. A questo punto la cerimonia è terminata e tutti tornano alle loro capanne. La Sciamana rimane ancora un po’ davanti al fuoco e lo guarda spegnersi piano piano, continuando a ripetere le sue preghiere. Il suo compito è ormai finito e lanciando un ultimo sguardo alle braci si allontana per tornare alla sua capanna. L’inverno è iniziato, si sentono i primi venti gelidi che arrivano dalle montagne, è il momento di ritirarsi e di prendersi cura di sé.